sabato 29 giugno 2013

"Botte alla fidanzata. Lei lo scagiona per amore." Ma quale amore?

"Botte alla fidanzata. Lei lo scagiona per amore" è il titolo di un articolo pubblicato nella cronaca di Cantù del quotidiano "La Provincia di Como" in cui si legge che  "Il Pm ha comunque chiesto una condanna a tre mesi, ma il giudice ha ascoltato il cuore della ragazza. Niente processo". 

L'ennesimo esempio di superficialità nel desolante panorama della stampa italiana che si ostina a parlare di violenza sulle donne utilizzando la parola amore.  Di seguito il testo della mail che ho scritto alla redazione.


"L'amore con le botte non c'entra proprio nulla. E forse sarebbe ora che in Italia anche i giornalisti iniziassero a prendere atto di questa realtà e la finissero di scrivere articoli che mescolano amore e morte, botte e gelosia, contribuendo a legittimare comportamenti che dovrebbero essere solo e semplicemente condannati.







Anche se la decisione del Giudice può essere corretta da un punto di vista strettamente giuridico, sicuramente è discutibile. In un paese in cui assistiamo quotidianamente a omicidi di donne per mano di mariti, fidanzati, amanti o ex - tanto che il termine "femminicidio" è diventato, purtroppo, di uso comune - un Giudice che assolve un fidanzato violento solo perchè la ragazza lo perdona non aiuta certo a scardinare modelli di comportamento maschilisti. 

A prescindere da questo, resta il fatto che la rappresentazione giornalistica di questa vicenda si traduce in un messaggio di legittimazione delle botte, vissute come "amore" dalla stessa vittima. Scrivere che il giudice "ha ascoltato il cuore della ragazza" nasconde un giudizio di valore - positivo - sulla decisione del giudice. 
Una giustizia "dal volto umano" che sarebbe auspicabile in molti casi, ma che in questo caso specifico è tutt'altro che positiva. 
L'articolo è formulato in maniera tale da trasmettere il messaggio che prendere a pugni la tua ragazza in mezzo alla strada è un gesto d'amore, tanto che persino un giudice ti assolve! Quante persone leggendo l'articolo sono in grado di cogliere con senso critico il pericoloso messaggio di legittimazione della violenza sulle donne in nome di un amore che amore non è?

Poche. Pochissime. Perchè siamo immersi in una cultura di mercificazione del corpo femminile e di legittimazione indiscriminata dell'uso e dell'abuso del corpo. Una cultura subdola, ma diffusa che anestetizza il nostro senso critico e ci porta a lasciarci scorrere addosso messaggi sbagliati e pericolosi. Una cultura che ancora troppo spesso trova una cassa di risonanza in una stampa poco incline a riflettere su se stessa. E sui messaggi che contribuisce a diffondere.

A cosa serve organizzare convegni, istituire tavoli di lavoro, firmare intese e convenzioni, sostenere le associazioni che si occupano delle vittime, finanziare interventi nelle scuole per prevenire la violenza di genere, se siamo disposti ad accettare passivamente la scelta di un giudice che "ascolta il cuore" di una ragazza picchiata assolvendo il suo aggressore? 

A cosa serve indignarsi leggendo la notizia dell'ennesima donna uccisa dal suo compagno, se non coltiviamo la nostra capacità di cogliere i segnali di pericolo che precedono il dramma dell'omicidio? 

L'amore non ha niente a che vedere con le botte. Non dimentichiamolo mai."

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