venerdì 31 agosto 2012

Cercasi preferibilmente uomini...

Sta girando in rete la segnalazione di un annuncio di lavoro in cui una società di comunicazione ricerca "una figura preferibilmente maschile a supporto delle attività dell'ufficio stampa"  (vedi testo dell'annuncio sul sito della società). 

La notizia - segnalata dal sito Donne Manager e ripresa dal magazine on line Alfemminile.com -  testimonia, se ce ne fosse bisogno, la prassi consolidata di preferire candidati di sesso maschile. E non per lavori in cui sia richiesta una particolare forza fisica, ma per figure professionali in cui l'appartenenza di genere non ha, o perlomeno non dovrebbe avere, alcuna rilevanza. 



La scelta esplicita di indirizzare una ricerca di lavoro a candidati di un certo sesso (uomini o donne) si configura come discriminazione diretta ed è espressamente vietata dalla legge fin dal lontano 1977. Oggi è il Codice per le Pari Opportunità (D.lgs 198/2006) a vietare questo tipo di comportamenti che possono essere segnalati ad una figura istituzionale specifica che è la Consigliera di Parità (vedi dettagli sul sito della Consigliera nazionale di parità).

Le aziende, però, continuano a preferire gli uomini, che possono dedicarsi totalmente al lavoro, garantire flessibilità di orario e disponibilità a viaggiare, requisiti ormai quasi indispensabili in molte professioni. E le donne vengono spesso escluse a prescindere dalle loro competenze.
Le discriminazioni nell'accesso al lavoro sono le più difficili da contrastare perchè raramente si esprimono in modo palese (come in questo annuncio), ma vengono praticate diffusamente in modo ben più sottile, spesso in fase di colloquio, attraverso domande attinenti la sfera personale delle donne. Chi può dire di non essersi mai sentita rivolgere domande tipo "come si vede fra 10 anni?" oppure, ancora più esplicitamente "vuole dei figli"?

Per evitare queste forme di discriminazione all'estero (Germania, Francia)  è stato sperimentato il curriculum anonimo, cioè privo di dei dati personali e senza foto, in modo che la selezione possa avvenire esclusivamente in base alle competenze. Non ha, però, riscosso particolari consensi e in Italia non è stato neppure preso in considerazione. Tanto più che, comunque, in fase di colloquio le caratteristiche personali verrebbero in ogni caso alla luce.

Il problema è culturale e su questo piano bisognerebbe agire. Al di là delle prescrizioni di legge - spesso lettera morta - la strada dovrebbe essere quella di promuovere una diversa organizzazione del lavoro, più flessibile, unitamente all'offerta di servizi per l'infanzia adeguati che permettano alle donne di conciliare meglio impegni familiari e di lavoro. Se ne parla molto e ormai da diversi anni, ma annunci  come quello citato ci ricordano che la strada è ancora molto lunga.




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